Le Fonti

Nei primi anni del XVII secolo, in un periodo di grande siccità, durante la quale si era smarrita la seconda vena che riforniva d’acqua la fonte maggiore posta nei pressi di Corinaldo a Nord, i corinaldesi, scrive Vincenzo Maria Cimarelli nelle sue Historie del ducato d’Urbino, pubblicate in Brescia nel 1642 ordinarono farsi due gran cave sotterra, che nelle viscere dei congiunti colli a grande spazio girassero et essendo compita l’opra, e ritrovata la perduta vena, facilmente al fonte la ridussero, la qual corre in tanta copia, che non mai per l’adietro in qual si voglia siccità maggiore, del tutto s’è veduta scemare. Fu in quella occasione che fu provveduto alla costruzione del grande lavatoio pubblico. Lo stesso Cimarelli scrive che addotta l’acqua in seguito ai lavori sopra ricordati con tre bocche di bronzo continuamente sgorgando, a beneficio publico in un lavatoio diffondesi, che ivi con arte, e con disegni mathematici, l’anno 1603, fu a spese del Comune fabricato, non meno vago, che sontuoso, ed amplo, con portici belli, che da ogni parte girandolo, utilissimo insieme il rendono: testificando sempre la grandezza dell’animo generoso de’ cittadini moderni, che lo fabricarono con si grossa spesa”. L’edificio ebbe modo di soddisfare egregiamente le necessità della popolazione locale per oltre tre secoli sino a che, negli anni Trenta del Novecento, venne eliminata la grande vasca centrale, sostituita dalle attuali vasche provvedendo tuttavia al ripristino fedele e completo di tutto il restante fabbricato. Il rilievo architettonico della struttura non è passato inosservato nemmeno in epoca recente e così l’architetto Gianni Volpe nel 1999 nel volume da lui curato e dal titolo Chiostri, cortili e corti delle Marche, definisce le Fonti un monumentale esempio di architettura idraulica rurale e ne traccia brevemente le vicende storiche.