Museo Civico Parrocchiale
Già monastero della monache clarisse passa in proprietà della famiglia Marulli, che ne farà sede della propria azienda agricola. Acquistato dal Comune, Palazzo Marulli è sede del “Polo Museale Terra di Montenovo” e ospita pregevoli opere d’arte, reperti provenienti dalla città romana di Ostra e La raccolta dell’Azienda Agricola Marulli
...Le opere d’arte scampate alla distruzione e alla dispersione e raccolte in questa sede coprono l’ampio arco cronologico che dal Quattrocento si protrae fino al Settecento. Esse sono sufficienti a documentare il rapporto privilegiato dei fedeli con un luogo che dovette a lungo richiamare, insieme alla memoria delle antiche origini della comunità, esempi di fede, di dedizione, di stabilità sociale e, infine, di aggiornamento culturale.
La chiesa di San Francesco originariamente a due navate nel 1635 subì un radicale restauro che comportò, come attestano i dipinti presenti nel museo, la sostituzione delle antiche immagini sacre con nuove pale d’altare, così da rendere possibile sia l’aggiornamento dell’iconografia sui più illustri modelli della scuole artistiche baroccesca e ridolfiana, sia la promozione e il rinnovo del culto di santi appartenenti all’Ordine francescano.
Le testimonianze più antiche del ciclo pittorico presenti nel precedente edificio si ricollegano, con ogni probabilità, alla grave pestilenza che attorno al 1470 funestò la Marca. Oltre alla data riportata nella Vergine e i Santi Giovanni Battista e Antonio Abate, potrebbe accreditare tale ipotesi la presenza del San Sebastiano, per secoli invocato contro il morbo insieme a San Rocco. I due affreschi sono opera del pittore Andrea di Bartolo da Jesi, attivo nella stessa epoca nella vicina chiesa di San Fortunato, nei pressi di Serra de Conti.
Il dipinto con la Vergine e i Santi Giovanni Battista e Antonio Abate opera fortemente influenzata, nel carattere ieratico e arcaico, dai modi del più noto Giovanni Antonio Bellinzoni da Pesaro, conferma i stretti rapporti tra i due artisti, di recente attestati per via documentaria. A distanza di due decenni il pittore di Sant’Angelo in Vado, Dionisio Nardini, riprese la decorazione della chiesa con il San Martino e che dona il mantello al mendicante e una serie di Santi, dei quali rimane il Sant’Antonio da Padova. Della bottega del noto maestro urbinate Federico Barocci è l’Annunciazione.
La versione di Ostra Vetere può essere riferita a un allievo e collaboratore di Barocci, a conferma del rapporto privilegiato della comunità monastica di Ostra Vetere con la bottega baroccesca. Rimane inoltre il quadro raffigurante le Stimmate di San Francesco, forse collocato in origine nell’altare maggiore. Si tratta della copia del dipinto eseguito da Barocci per la chiesa di San Francesco in Urbino. Di Cristoforo Roncalli detto il Pomarancio è il Cristo e San Pietro sul lago di Tiberiade, pala d’altare proveniente dalla chiesa abbaziale di Santa Maria. Al ciclo di dipinti della chiesa del Santissimo Crocifisso appartiene la coppia di affreschi esposta nel museo, raffigurante una Gloria di Angeli, frammento superstite della Natività di Cristo, e una Pietà con San Giuseppe d’Arimatea e San Giovanni Evangelista. La Gloria di Angeli rimane la sola testimonianza dell’attività di Giovan Battista Lombardelli a Ostra Vetere. Qui il pittore era nato intorno al 1537 e le opere in questione documentano l’avvio della sua fortunata carriera professionale, prima del prolungato soggiorno romano che lo vide partecipe di alcuni dei più importanti cantieri artistici dell’epoca. Da questa stessa chiesa proviene, inoltre, la coppia di formelle in terracotta policroma, rari esemplari di una tipologia di maioliche, di carattere devozionale.
Queste targhe raffiguranti la Natività e il Compianto, risultano essere un raro e prezioso esempio di “plastica maiolicata” tardo quattrocentesca. Esse presentano un indubbio interesse artistico, caratterizzato da un “sapore tuttora goticizzante, in ogni caso di un arcaismo suggestivo”, distinguendosi per rarità e qualità tecnica. Le ceramiche rientrano in un corpus di opere, realizzate sul finire del XV e gli inizi del XVI secolo, ascrivibili all’atelier di un anonimo artista che operò in territorio romagnolo e marchigiano, sulla direttrice adriatica tra Faenza ed Ancona.
Gran parte di queste opere sono conservate nei musei più prestigiosi del mondo, a testimoniare la grande attenzione collezionistica avuta nel tempo per tali oggetti, sospesi tra scultura e ceramica. Le dimensioni di questo tipo di targhe ne indicano sovente un uso devozionale, ipotizzandone la collocazione in sacelli o in cappelle accessorie ad edifici più ampi, nonché in piccole nicchie esterne a protezione di case, specie per quelle con soggetto mariano o con santi. La storiografia ceramica ha da sempre sottolineato la rarità di questo genere plastico di maiolica, connotandolo come espressione isolata e singolare di maestranze direttamente influenzate da stilemi “fiamminghi” o comunque “nordici” acquisiti probabilmente da temperie culturali di corti raffinate e colte come quelle di Ferrara ed Urbino.
In effetti a legare maggiormente una di queste opere, il Compianto, all’arte figulina nord marchigiana è la presenza dello stemma dei Montefeltro, signori di Urbino. Così per questa ed altre opere è giusto pensare ad un “artista nomade”, formatosi in ambiente faentino, sensibile a stilemi d’oltralpe, peregrinante tra Romagna e Marche settentrionali, dove la maiolica ha da sempre connotato l’identità culturale di un territorio, tra arte, fede e devozione popolare. Nelle Marche si conserva solo un’altra opere della stessa tipologia, il Compianto di San Ciriaco ad Ancona. Ad oggi si conoscono pochissime opere appartenenti a questa tipologia: una quarantina in tutto il mondo tra targhe, capse, sculture o altorilievi e di queste solo 18 si conservano in Italia.
La raccolta dell’Azienda Agricola Marulli che conserva apparecchiature, macchinari e suppellettili che furono dell’azienda. Da segnalare l’archivio d’impresa dell’azienda stessa recentemente riordinato e catalogato.